Longevità

Un po’ di mesi prima della diffusione della pandemia sono stato coinvolto in qualità di consulente in un piccolo progetto di ricerca, portato avanti dall’Educativa di strada del Gruppo Abele, in un quartiere popolare di Torino.

Avevamo selezionato la zona, e quindi i giovani e le giovani che sarebbero stati coinvolti, in virtù della sedimentata relazione tra operatori, operatrici, ragazze e ragazzi del quartiere. Da diversi anni l’intervento educativo si articola in uscite regolari più volte alla settimana, in particolare nei pressi del campetto da calcio recintato posto tra le stecche di edilizia residenziale del quartiere. Decine di giovani di età e provenienze diverse si riversano ogni pomeriggio nelle aree verdi attrezzate, la fruizione degli spazi segue delle regole non scritte, ma tramandate dalla routine quotidiana: i ragazzi si impossessano del campetto, selezionandosi per bravura o necessità. All’occorrenza anche i più giovani o i più scarsi riescono a trovare un loro spazio in qualche formazione. Le ragazze si siedono sugli spalti e assistono alla performance calcistica e identitaria che si consuma al di là della rete. I più piccoli e le più piccole si mescolano nello spazio circostante, non ancora separati dai rituali di affermazione di un’identità di genere.

Queste, le considerazioni preliminari che ci hanno spinto a porre proprio il tema del genere al centro dell’indagine. E siccome i finanziamenti erano molto risicati, abbiamo anche elaborato metodologie che consentissero alla ricerca di essere portata avanti durante i tempi delle uscite e con un coinvolgimento attivo di ragazzi e ragazze interessate.

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